“vedere qualcosa come arte richiede qualcosa che l’occhio non può cogliere – un’atmosfera di teoria artistica, una conoscenza della storia dell’arte: un mondo dell’arte”
Arthur Coleman Danto
I latini erano soliti identificare con i termini Ars, Artis le abilità nel progettare o costruire qualcosa e nel concetto ampio dato dagli antichi Romani di attività svolta con particolare abilità, si distinguevano le arti meccaniche e pratiche dalle arti liberali ovvero quelle letterarie e scientifiche.
L’estensione del significato ancor oggi abbraccia quello di attività consistente nella creazione prodotti di cultura oggetto di reazioni del gusto e del giudizio. È questo significato che ispira il progetto artistico di Cecilia Cappa Ceci n’est pas divenendone significante, il segno di un’evoluzione, del dinamismo e della pluralità di sollecitazioni a cui siamo sottoposti. Una somiglianza tra le arti, una ricerca di idee inedite, mescolanze, commistioni: il racconto di un mondo profondamente mutato, un segno, una sovrapposizione, una composizione, una ricerca estetica. Opere d’avanguardia quelle di Cecilia Cappa che si ispirano al discorso infinito sull’arte già intrapreso da grandi come Picasso, Braque, Heartfield, Grosz, Rotella, Accatino, De Donà… e che offre innumerevoli spunti tanto per la critica quanto per le narrazioni, essendo l’opera d’arte immersa in un eterno presente inteso quale tempo che si fa spazio dentro di noi per condensazioni e libere associazioni. Dai papiers collés del 1912, passando per il Futurismo, l’Astrattismo, il Neo Dada, la Pop art, Cecilia Cappa si appropria delle potenzialità dell’arte del collage, dedicandosi a manipolazioni e fotocollage dotati di un enorme potere espressivo ed evocativo attraverso immagini e oggetti familiari che interpretato storie di vita quotidiana. Sebbene al collage analogico vada riconosciuto il merito di aver contribuito all’ingresso del collage nell’arte contemporanea, sicuramente è all’avvento del digitale che si deve la sua democratizzazione.
Cecilia Cappa: non avendo fatto studi artistici (ammetto che mi sarebbe piaciuto frequentare l’Accademia) mi auto-definisco, un po’ per scherzo, un’artista della domenica. Come Dottor Jekyll e Mr. Hyde, durante la settimana lavoro come corporate storytelling account per la scuola Holden e nel tempo libero mi diverto a fare l’artista. “Weekend artist, everyday creative soul” è infatti il mio motto.
Ceci n’est pas è un progetto artistico nato nel 2019, nonché il mio nome d’arte. Con Ceci n’est pas ho voluto dare vita a una mia esigenza artistica silenziosamente covata da tempo e che non avevo avuto ancora modo di esprimere. Il nome, di ispirazione fortemente magrittiana, vuole suggerire un’idea di pluri-identità e multiculturalismo tipico del mio percorso personale, artistico e professionale.
Sono quindi approdata al collage analogico dopo avervi individuato la forma d’arte ideale per esprimere alcuni aspetti del mio carattere: guidata dal mio intuito e da un’ispirazione quasi kandinskyiana, talvolta senza sapere come risulterà il prodotto finale, attingo ad immagini precostituite per crearne di totalmente nuove. Mi piace pensare al collage come a una tecnica artistica sostenibile, nella quale non si butta via niente: perfino il ritaglio ingiallito di una rivista vecchia di 20 o 30 anni può trovare una sua collocazione all’interno di una composizione. Ciò che mi affascina di più del collage è proprio la capacità di dare nuova vita e linfa a forme e colori che spesso in origine non avevano nulla in comune, plasmando qualcosa di assolutamente inedito e in grado di trasmettere storie ed emozioni. Vivo e lavoro a Torino
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